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Consultazione pubblica: Definire l’accordo per il cambiamento climatico globale entro il 2015

news_4.04.2013(2)Per quanto Alleanza per il Clima punta sul livello locale per combattere i cambiamenti climatici, la rete ha anche sempre dedicato attenzione (fin dalla prima Conferenza delle Parti nel 1995) ai negoziati internazionali, che costituiscono un elemento irrinunciabile per contenere i cambiamenti climatici entro limiti gestibili. In questo periodo partono i lavori per un nuovo accordo post Kyoto.

Infatti, il 26 marzo scorso, la Commissione europea ha adottato un documento di consultazione che avvia un dibattito pubblico sul modo migliore per progettare un nuovo accordo internazionale per combattere i cambiamenti climatici. La Comunicazione Consultiva solleva questioni fondamentali e invita a sollevare le opinioni delle parti interessate sul nuovo accordo, che dovrà essere definito entro la fine del 2015 e applicabile a partire dal 2020.

L’accordo 2015, che è in fase di negoziazione attraverso un processo noto come la Piattaforma di Durban per un’azione rafforzata, dovrà riunire l’attuale mosaico di accordi vincolanti e non vincolanti, ai sensi della Convenzione sul Clima delle Nazioni Unite, e il Protocollo di Kyoto in un’unica completa regolamentazione.
Pertanto, ora è il momento di definire la strada giusta per l’accordo e anche per aumentare il ruolo cruciale che le autorità locali svolgono nel raggiungimento degli obiettivi nazionali, europei ed internazionali sul clima.

La consultazione pubblica durerà fino al 26 giugno e la Commissione metterà a punto, sulla base delle risposte ricevute, la posizione dell’Unione europea sull’accordo per il cambiamento climatico globale da definire entro il 2015. La conferenza delle parti interessate si terrà il 17 aprile a Bruxelles.

Per maggiori informazioni:
La commissione avvia la consultazione per il nuovo accordo internazionale
(in lingua inglese)
La conferenza delle parti interessate sull’accordo internazionale per combattere i cambiamenti climatici (in lingua iglese)

 

Dopo Doha come andare avanti – Uno sguardo indietro alla conferenza delle Nazioni Unite

news_4.04.2013Dopo la conclusione della conferenza sul clima di Doha nelle ultime settimane sono nate le varie interpretazioni del “bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto”. Dal punto di vista dell’Alleanza per il Clima il bicchiere è semplicemente vuoto; il risultato di Doha non è solo un fallimento ma costituisce un passo indietro. Anche se il protocollo di Kyoto formalmente è stato esteso, quest’accordo coinvolge un numero di nazioni che rappresenta a questo punto solo il 16% delle emissioni di gas serra emesse a livello globale. L’Unione Europea, una volta all’avanguardia nella protezione internazionale del clima, si è dichiarata soddisfatta per il compromesso trovato ma, certa di raggiungere presto l’obiettivo del 20% della riduzione delle emissioni di CO2, non ha trovato un consenso sull’obiettivo più ambizioso del 30%.

Tra il settembre 2013 e l’ottobre 2014 il comitato consultivo scientifico IPCC pubblicherà il quinto rapporto di valutazione con risultati prevedibilmente drammatici per quanto riguarda la velocità di avanzamento del cambiamento climatico. L’obiettivo politico dell’Unione europea di limitare il cambiamento climatico a 2 °C è ampiamente andato perduto di fronte a un rialzo della temperatura media globale di 4 °C, e non è da escludere che possa essere anche più alto. Il che non significa di dover abbandonare l’obiettivo del limite di 2 °C. Anche se non dovesse essere più raggiungibile, perché mancano le politiche stabilite per le trasformazioni necessarie, il limite di 2 °C dovrà rimanere visibile come monumento del fallimento delle generazioni attive oggi. La strada per rimanere sotto i 2 °C di riscaldamento globale è ben delineata: significherebbe lasciare gran parte delle riserve energetiche fossili nel suolo a favore dell’efficienza, della sufficienza e delle energie rinnovabili.

Con l’offerta eccessiva di certificati di CO2 e con l’arrivo dell’“l’aria calda” del collasso delle economie dell’est il prezzo per le tonnellate di CO2 si trova in caduta libera. Tutto l’edificio del commercio delle emissioni sta per sgretolarsi e così viene anche meno lo stimolo del mercato per le trasformazioni necessarie in un momento di grande urgenza d’azione. Gli obiettivi primari della politica climatica dell’Unione europea devono quindi essere da un lato quello di concordare l’obiettivo più ambizioso del 30% per il 2020 e dall’altro quello di riparare il commercio delle emissioni ETS.

Lo scarso successo della protezione del clima a livello internazionale non deve scoraggiare gli sforzi locali e territoriali di comuni, province e regioni come motori per l’energia sostenibile e la protezione del clima. Anzi, in attesa di un nuovo accordo globale che dovrebbe prendere forma durante la conferenza di Parigi del 2015 e diventare operativo nel 2020, cresce l’importanza delle attività degli enti locali e territoriali. L’espansione delle energie rinnovabili e l’aumento dell’efficienza energetica si sviluppano più che altro in modo decentrato in piccole unità, come dimostrano bene i membri dell’Alleanza per il Clima. Le innovazioni promettenti nascono a livello locale e continua a essere in primo piano l’importanza del networking, della cooperazione e delle nuove alleanze.

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